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Cenni sulla legislazione di interesse per i fotografi
e
LIBERATORIA
1. Premessa
L’attività fotografica interferisce con la vita quotidiana sotto molteplici aspetti e, conseguentemente, la legge si occupa di essa con prospettive e finalità anche assai diverse tra loro.
Infatti, parlando di fotografia e di diritto, si può avere riguardo alle problematiche scaturenti dalla necessità di tutelare l’interesse della collettività (si pensi alla disciplina dei divieti di fotografare in luoghi di interesse militare; ovvero alla necessità di sanzionare la pubblicazione di immagini contrarie alla morale e al buon costume); ovvero si può porre l’attenzione alla tutela dei singoli i quali siano stati fotografati (si pensi al diritto alla privacy a cui il semplice cittadino o anche il personaggio famoso aspirano; o anche allo sfruttamento dell’immagine di una modella avvenuto oltre i limiti a cui questa aveva consentito); oppure, ancora, si può considerare l’interesse che il fotografo ha, in quanto autore della fotografia, a vedere riconosciuta la paternità dell’opera e di poterla sfruttare anche sotto il profilo patrimoniale.
In questo primo articolo si tratterà solamente dell’aspetto relativo al diritto che ciascun cittadino ha alla propria immagine e, conseguentemente, si cercherà di individuare i limiti a cui il fotografo (dilettante o professionista) va incontro nel catturare l’immagine altrui con la macchina fotografica e nel mostrarla agli altri.
2. ll diritto a fotografare ed a non essere fotografati
La Costituzione italiana, la principale fonte normativa, sancisce all’art. 21 il diritto di ciascun cittadino a manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione; e non vi è dubbio che l’apparecchio fotografico sia un mezzo con cui, salvo i divieti posti nell’interesse pubblico, si può appunto esprimere e diffondere il proprio modo di vedere il mondo.
Detto ciò, occorre precisare che, pur nei limiti (di carattere pubblico) anzidetti, non è per nulla vietato fotografare altre persone in un luogo non privato, ad es. in una strada, siano esse note o meno, riconoscibili oppure no.
Tuttavia, detta facoltà trova anche un limite, questa volta di carattere privato, e, cioè, quello dettato dall’art. 10 del codice civile, norma che, appunto, disciplina l’abuso dell’immagine altrui.
Tale disposizione afferma il diritto del cittadino (non necessariamente famoso) di invocare la tutela giudiziaria allorquando l'immagine sua (o dei genitori, del coniuge o dei figli) sia esposta, o pubblicata, fuori dei casi in cui l'esposizione o la pubblicazione è normalmente consentita dalla legge; ovvero, anche nei casi in cui questa possibilità sia prevista, qualora la diffusione dell’immagine comporti pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti. In tali casi l'autorità giudiziaria, su richiesta dell'interessato, può disporre che cessi l'abuso, salvo il risarcimento dei danni.
Quindi, riassumendo:
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3. ll diritto di pubblicare la fotografia di altre persone
In alcuni casi la pubblicazione della fotografia in cui altri individui siano facilmente riconoscibili è, in via d’eccezione a quanto sopra osservato, permessa. Si tratta delle ipotesi previste dalla legge sul diritto d’autore, risalente al 1941 (artt. 96 e 97).
3.a -
Peraltro il consenso può anche essere tacito [1].
3.b -
3.c -
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Esiste, peraltro, un’eccezione all’eccezione, nel senso che in tutte le ipotesi in cui la legge consente la pubblicazione e la divulgazione del ritratto [3] anche senza il consenso dell’interessato, occorre che in ogni caso non si rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione o anche al decoro della persona ritrattata [4].
Note:
[1] In tal senso si è espressa anche di recente la Suprema Corte di Cassazione (v. sentenza n. 11491 del 16/05/2006) in un caso di pubblicazione di fotografie non occasionali, bensì realizzate con il consenso al cosiddetto “provino pubblicitario”.
[2] Attenzione, però, allorquando la pubblicazione della persona “notoria” sia avvenuta per scopi commerciali, cioè di lucro. In questo caso la giurisprudenza consente all’interessato di chiedere il risarcimento del danno, giacché sovente la notorietà, specialmente se è connessa all'attività artistica del soggetto leso, si collega normalmente al diritto di sfruttamento esclusivo dell'immagine stessa; pertanto l'abusiva pubblicazione, quando comporta la perdita, da parte del titolare del diritto, della facoltà di offrire al mercato l'uso del proprio ritratto, dà luogo al corrispondente pregiudizio (v. Cass.civ. n. 22513 del 1/12/2004; nonché n. 4031 del 16/04/1991).
[3] Si badi che il legislatore non si è neppure posto il problema del diverso modo di eseguire il ritratto (primo piano, piano americano ecc.); quel che conta è che la persona raffigurata nell’immagine fotografia sia o meno riconoscibile.
[4] Ed infatti in tema di diritti della personalità umana, tra cui rientra il diritto alla propria immagine, esiste un vero e proprio diritto soggettivo perfetto alla reputazione personale anche al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge ordinaria, che va inquadrato nel sistema di tutela costituzionale della persona umana, traendo nella Costituzione il suo fondamento normativo(Corte cost. 184/1986, 479/87), in particolare nell'art. 2 (oltre che nell'art. 3, che fa riferimento alla dignità sociale) e nel riconoscimento dei diritti inviolabili della persona (così Cass.civ. sentenza n. 6507 del 10/05/2001).
4. La legge sulla privacy
La recente legge sulla privacy (n. 675/96), di cui tanto spesso si sente parlare è in realtà irrilevante per i comuni fotografi dilettanti, in quanto non sposta i termini delle questioni sopra esaminate; del resto, la sua finalità è stata solo quella di adeguare la legislazione italiana al contesto legale, più austero, della Comunità europea in tema di raccolta indiscriminata dei dati personali dei cittadini (per poi rielaborarli, cederli ad altri o pubblicarli). La ragion d’essere della legge, dunque, e del temuto intervento del Garante della Privacy, sta solo nel disciplinare la raccolta e diffusione di qualsiasi dato sugli individui (e conseguentemente anche delle sue immagini private).
In particolare, il trattamento di alcuni dati definiti "sensibili" (ad esempio idee politiche, religiose, vita sessuale, salute, aspetti economici, ecc.) è subordinato all’assenso dell'interessato ed assicurato da controlli molto più stretti su coloro che raccolgono ed organizzano questi dati.
Esiste, peraltro, una norma della legge citata che riguarda espressamente i fotogiornalisti (e quindi non tutti i fotografi e tantomeno i semplici dilettanti); si tratta dell’art. 25, che recita: “Salvo che per i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, il consenso dell'interessato non è richiesto quando il trattamento dei dati è effettuato nell'esercizio della professione giornalistica e per l'esclusivo perseguimento delle relative finalità, nei limiti del diritto di cronaca, ed in particolare dell'essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico”.
Pertanto, per il fotoreporter (e solo per lui) la pubblicazione delle immagini (concetto che rientra in senso lato in quello di trattamento dei dati personali), anche di soggetti non famosi, non è subordinata ad assenso se essa avviene per finalità giornalistiche, cioè per reali e concrete necessità di informazione. La pubblicazione, però, resta comunque vietata se reca pregiudizio al decoro, all’onorabilità o alla reputazione della persona ritratta, e comunque se riveli indizi sullo stato di salute o sulla vita sessuale di essa.
Quanto detto trova una particolare ragione di interesse in relazione alle fotografie di minorenni, tutelati sia dalla legislazione internazionale (v. Convenzione ONU del 1989 sui diritti del bambino il cui art. 12 recita: “Nessun fanciullo può essere sottoposto ad interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata”), che nazionale (v. Carta di Treviso per la tutela della personalità del minore, approvata e sottoscritta, in collaborazione con Telefono Azzurro, dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana e dall'Ordine dei giornalisti; nonché art. 114, co. 6 cod.proc.pen e legge n. 112/2004; ed anche art. 50 D.lgs 196/2003).
In tali particolari ipotesi la giurisprudenza [5] pretende un prudente apprezzamento del diritto alla riservatezza del minore che, nel bilanciamento degli opposti valori costituzionali (diritto di cronaca e diritto alla privacy), deve essere considerato assolutamente preminente, secondo le indicazioni derivanti dalle norme ora richiamate, laddove si riscontri che non vi sia l'utilità sociale della notizia; quindi, si deve ritenere consentita la ripresa e successiva divulgazione di bambini solamente in presenza di un concreto ed effettivo pubblico interesse.
Nota:
[5] Vedi per un caso molto noto Cass.civ. sentenza n. 19069 del 05/09/2006.
5. Lo scatto d’autore
ILa legge distingue tra semplice fotografia ed opera fotografica solamente al fine di accordare (alla seconda) una particolare tutela al suo autore (ai fini della paternità e del suo sfruttamento) [6].
Che succede allora se un grande ed affermato autore scatta e pubblica immagini, ad es. di un bambino terrorizzato per lo scoppio di bombe?
Il Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti, valutando il caso di un servizio pubblicato su un quotidiano italiano, raffigurante in copertina una bambina di una decina d'anni sdraiata su un vecchio sofà, in posa da piccola mondana, con gli occhi tristi, una sottoveste di raso verde e un boa di pelliccia a nascondere le mutandine, ha ritenuto all'unanimità che la pubblicazione di uno "scatto d'autore" non può prefigurare mai un illecito, giacché il fotografo capace di intervenire sul soggetto in modo tale da evocare suggestioni con un'impronta personale e peculiare ha realizzato un’opera fotografica e non una semplice fotografia.
Non sono d’accordo con questa interpretazione giacché, come spiegato all’inizio del presente paragrafo, essa non è supportata da alcun dato normativo. Il diritto alla riservatezza ed alla propria immagine, tanto più di un minore, non può soccombere né al diritto di cronaca, né a quello del diritto dell’artista ad esprimere pubblicamente il proprio pensiero, se non nei casi previsti dalla legge e prima ricordati.
Occorre pertanto o che vi sia stato il consenso, ovvero che alla diffusione dell’immagine vi sia un concreto interesse della collettività. Quindi la soluzione va data caso per caso e a prescindere dalla distinzione tra opera fotografica e semplice fotografia (v. Cass.civ., Sez. 1, Sentenza n. 2527 del 28/03/1990 secondo cui “Le ipotesi previste nell'art. 97 della legge 22 aprile 1941 n. 633 sul diritto d'autore, nelle quali l'immagine della persona ritrattata può essere riprodotta senza il consenso della persona stessa, sono giustificate dall'interesse pubblico all'informazione con la conseguenza che, avendo carattere derogatorio del diritto alla immagine, sono di stretta interpretazione”.
Nota:
[6] Vedi Cass.civ. sentenza n.8425 del 21/06/2001: “Nella disciplina del diritto d'autore di cui alla legge n. 633 del 1941, l'opera fotografica, qualora presenti valore artistico e connotati di creatività, gode della piena tutela accordata agli autori dagli artt. 1 e seg. legge cit., e, quando sia priva dei suddetti requisiti, della più limitata tutela di cui agli art. 87 e seg. legge cit., in tema di diritti connessi a quello d'autore, dovendosi, peraltro, escludere anche tale più limitata tutela nell'ipotesi di fotografie di "scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili", per tali intendendosi non ogni fotografia riproducente un oggetto materiale, bensì solo quelle aventi mera finalità riproduttivo -